Ottone, Venezia, Rossetti, 1739

Assente nell'edizione Zatta Frontespizio
 ATTO PRIMO
 
 SCENA PRIMA
 
 Deliziosa fuori la città di Pavia.
 
 BERENGARIO con seguito e IDELBERTO
 
 BERENGARIO
 Sdegna dunque e rifiuta
 la superba Adelaide i tuoi sponsali?
 Ed io soffro l’oltraggio e neghittoso
 trattengo un campo armato in vil riposo?
 IDELBERTO
5Adelaide, o signore,
 nacque reina e dell’Italia erede;
 tu della regia sede
 le togliesti gran parte e il suo consorte
 per te le tolse intempestiva morte.
10Quindi a ragion costante
 nel suo fiero consiglio
 le mie nozze rigetta e in me tuo figlio
 il nemico discerne e non l’amante.
 BERENGARIO
 Se nemico ti vuol, nemico t’abbia.
15Vanne Idelberto. Io voglio
 che tu stesso t’avanzi
 ad assalir de la città le mura.
 IDELBERTO
 In Adelaide, oh dio!
 sai che vive il cor mio;
20e vuoi ch’io la combatta e ch’io l’atterri?
 BERENGARIO
 Così mi giova.
 IDELBERTO
                             Ah sire...
 BERENGARIO
 Non più. Resisti invano.
 Si punisca l’ingrata
 con balzarla dal trono
25e veda alfin che Berengario io sono. (Parte)
 
 SCENA II
 
 MATILDE e detti
 
 MATILDE
 Sposo.
 BERENGARIO
                Regina.
 MATILDE
                                 Intendi
 quanto propizia sia
 a’ miei disegni e al tuo valor la sorte.
 La superba Pavia
30fra pochi istanti t’aprirà le porte.
 BERENGARIO
 Dunque, cara Matilde, il tuo consiglio...
 MATILDE
 A misura de’ voti
 sortì l’evento; ottenni
 coi promessi tesori
35il sospirato assenso al tradimento.
 BERENGARIO
 Ma come?
 MATILDE
                      Tra i silenzi
 della prossima notte ogni tua schiera
 nelle mura nemiche avrà l’ingresso.
 IDELBERTO
 (Ah mia cara Adelaide, a quai vicende
40ti riserba il destino?)
 BERENGARIO
                                          Ora a’ miei danni
 s’armi pur la Germania, io non pavento.
 IDELBERTO
 E vuoi con tali inganni,
 mia real genitrice,
 Adelaide spogliar d’ogni suo bene?
45Ah padre ecco al tuo piede (S’inginocchia)
 un figlio sventurato.
 Nella immagine mia ravvisa quella
 d’Adelaide tradita.
 Nelle mie voci...
 BERENGARIO
                                In tuo favore, o figlio,
50usar vogl’io questa clemenza ancora.
 Alla nemica reggia
 vada un araldo e in queste note esponga
 all’altera regina i sensi miei,
 che già con cento schiere
55io sono accinto ad espugnar Pavia
 e già sicura è la vittoria mia.
 Se corona Adelaide il mio trionfo
 impalmando Idelberto, e pace e regno
 a lei, come a mia nuora, oggi si renda.
60Ma se ricusa, attenda
 eterno ed implacabile il mio sdegno.
 
    Non pensi quell’altera
 di vincermi d’orgoglio;
 voglio che t’ami o voglio
65oppresso il suo rigor.
 
    Aspetti dal mio sdegno
 dure catene al piede,
 se al mio voler non cede
 o sprezza ardita e fiera
70i lacci del tuo amor.
 
 SCENA III
 
 MATILDE ed IDELBERTO
 
 IDELBERTO
 Madre e reina, in breve
 l’infelice Adelaide
 sarà tua prigioniera,
 sarà tua schiava e tuo trionfo; ah pensa
75a fortuna sì acerba e sì severa.
 Usa di tua vittoria
 con eroica modestia; e sia tua gloria
 vinta vederla sì ma non depressa.
 MATILDE
 Se l’alterigia stessa,
80ch’ebbe nel soglio, ella serbar tra’ ceppi
 vorrà proterva, il regal fasto mio
 sarò costretta a sostenerlo anch’io.
 IDELBERTO
 Ah la misera perde in un sol giorno
 e regno e libertade.
 MATILDE
85E con donarle un figlio
 non gli rendo in un tempo e sposo e regno?
 IDELBERTO
 A quell’alma gentile
 sembrano l’uno vile e l’altro odioso.
 MATILDE
 Idelberto, t’accheta.
90Perché sul nostro capo
 l’ampio diadema italico riposi,
 è forza o ch’ella pera o che ti sposi.
 
    Vanne a colei che adori,
 seco d’amor favella!
95Dille ch’è vaga e bella
 e che sa innamorar.
 
    Poi dille che tu l’ami
 e al trono la richiami,
 che lasci i suoi rigori,
100se brama di regnar.
 
 SCENA IV
 
 IDELBERTO solo
 
 IDELBERTO
 È forza ch’ella pera o che ti sposi?
 Non ardirà la morte
 di offender la mia vita
 nell’amata Adelaide.
105Finch’io non lasci di spirar quest’aure,
 finch’io non chiudo a questo giorno i rai,
 no, no, bell’idol mio, tu non morrai.
 
    Per salvarti idolo mio,
 so ben io che far dovrò.
110Morirò mio ben per te.
 
    Saprà ben dall’empio fato
 congiurato ad oltraggiarti
 liberarti la mia fe’.
 
 SCENA V
 
 Appartamenti d’Adelaide.
 
 ADELAIDE e poi OTTONE
 
 ADELAIDE
 Ahimè! Tutto è perduto. I miei vassalli
115sono i nimici miei. Gli empi ribelli,
 disserrate le porte,
 m’han ceduta al tiranno. Eccomi alfine
 schiava di Berengario. Odo le strida,
 sento le mie catene. Ottone... oh numi!
120Che fa? Dov’è? Così mi lascia in preda
 del furor de’ nemici?
 OTTONE
                                         Eccomi, o cara,
 eccomi in tua difesa.
 ADELAIDE
                                         Oh dei! Che vedo,
 tu qui! Come potesti
 occulto penetrar.
 OTTONE
                                  M’aperse Ormondo
125per sotterranea via sicura il varco.
 Seppi il reo tradimento,
 volai tosto a salvarti.
 ADELAIDE
                                        Ah no; piutosto
 accresci il mio periglio. E che pretendi
 così solo d’oprar? Vanne al tuo campo.
130Vanne e riedi co’ tuoi.
 OTTONE
                                           Vuoi ch’io ti lasci
 in poter d’un rivale?
 ADELAIDE
                                        Anzi mi perdi
 se qui stai neghittoso, all’inimico
 l’impeto mi ritolga
 di mille spade e mille.
 OTTONE
                                           E questa mia
135per mille e mille spade ha da pugnare?
 ADELAIDE
 Un’altra volta io te ne priego, parti.
 OTTONE
 No, no. Sieguo il mio fato.
 Sieguo il mio amor. Voglio morirti a lato.
 ADELAIDE
 Deh s’egli è ver che m’ami,
140non tradir quest’amore,
 non tradir la tua gloria.
 Sappi che mi sei caro
 e che temo per te. Credilo al pianto
 ch’ho già sugli occhi. In questo stato io sono
145solo per te. Sì, per te sol sprezzai
 d’Idelberto la destra. A Berengario
 il messo rimandai. Minaccie, offerte
 non temei, non curai. Nel caso estremo,
 di me non dubitar. Saprò costante
150soffrir la sorte mia. Deh vanne e torna
 vincitor glorioso
 e assicura vincendo il mio riposo.
 
    Se per me tu senti amore,
 se ti cal del mio periglio,
155vanne, o caro, e il tuo valore
 torni a me la libertà.
 
    De’ nemici il fiero orgoglio
 fiaccherà l’invitta spada,
 la mia pace ed il mio soglio
160la tua man vendicherà.
 
 SCENA VI
 
 OTTONE
 
 OTTONE
 O del mio caro ben voci gradite
 quanta forza e vigore
 accrescete al mio core.
 Pieno d’alta speranza,
165io già men volo al marzial cimento.
 Venga il fiero nemico,
 con quanto ha mai d’ardir nulla pavento.
 
    Fra l’ombre un lampo io veggo
 splender d’amica face
170che mi promette pace,
 che già mi fa sperar.
 
    Voi mi rendete forte,
 o lacci del mio bene,
 né temo che la sorte
175mi giunga ad ingannar.
 
 SCENA VII
 
 Piazza di Pavia.
 
 BERENGARIO, MATILDE, capitani e soldati
 
 BERENGARIO
 Popoli generosi,
 il vostro amor, la vostra fede avanza
 ogni nostra speranza.
 Sembra che il nostro core
180sia del nostro maggiore.
 A voi tenuto sono
 se quel serto che cingo è vostro dono.
 MATILDE
 E Adelaide superba
 ancor non si presenta al vincitore?
 BERENGARIO
185Di quel rigido core
 convien domar con la clemenza il fasto.
 MATILDE
 Eccola appunto. Vedi
 con che volto orgoglioso
 intrepida sostien la sua sciagura.
 
 SCENA VIII
 
 ADELAIDE e detti e poi CLODOMIRO
 
 ADELAIDE
190Dell’altrui fellonia,
 più che del tuo valore, illustre spoglia
 eccomi, Berengario. Alza a tua voglia
 sopra le mie ruine i tuoi trofei.
 Io già per la tua mano
195e sposo e regno e libertà perdei.
 BERENGARIO
 E sposo e regno e libertà se vuoi
 or io ti rendo e pongo
 tutta la mia vittoria a’ piedi tuoi.
 ADELIADE
 Altra rocca più forte
200devi ancora espugnar, prima che vinta
 resti Adelaide.
 BERENGARIO
                              E quale?
 ADELAIDE
 La rocca del mio cor, difesa e cinta
 da fede non venale,
 da invincibil costanza.
 BERENGARIO
                                           Io la combatto
205con le mie grazie ognora.
 ADELAIDE
                                                E grazie chiami
 i tradimenti?
 BERENGARIO
                            E tradimenti appelli
 l’offerta ch’io ti fo d’una corona,
 d’un figlio generoso e d’un amante?
 ADELAIDE
 La corona è già mia; l’amante e il figlio
210perché son doni tuoi son miei rifiuti.
 BERENGARIO
 Clodomiro che porti? (Viene Clodomiro)
 CLODOMIRO
                                           Alte novelle.
 Mio sire ascolta. (Berengario e Clodomiro si ritirano a parlare in disparte)
 MATILDE
                                  E serva, (Ad Adelaide)
 vinta ancora e depressa,
 sì temerario ardir donna superba?
 ADELAIDE
215Dalle sventure oppressa
 non perde una reina il suo coraggio.
 BERENGARIO
 Giunto è Ottone al Ticino? (In disparte come sopra)
 CLODOMIRO
                                                    Al gran passaggio
 tutte opponi, o signor, l’itale schiere.
 BERENGARIO
 Vanne ratto a spiegar le mie bandiere.
 CLODOMIRO
 
220   Arrida il ciel secondo
 a questi tuoi disegni,
 tu degno sei del mondo
 l’impero moderar.
 
    Pietoso a’ veri amici,
225terribile agl’indegni,
 li sudditi felici
 tu solo puoi salvar.
 
 BERENGARIO
 Regina a te consegno
 l’illustre prigioniera.
230Alta cura di regno
 altrove mi richiama, or tu risolvi.
 Sia rapina o conquista,
 sia giustizia o sia dono,
 è tuo con Idelberto anche il mio trono.
 
235   Prendi uno sposo
 ch’ha pien di fede il core
 e che al valore
 unisce la beltà.
 
    Marte vedrai
240se il vedi in campo armato;
 poi disarmato
 amor ti sembrerà.
 
 SCENA IX
 
 MATILDE e ADELAIDE
 
 ADELAIDE
 Matilde, allor che il vinto
 è caduto in poter del vincitore,
245merita ogni rigore.
 Usa pur la tua sorte
 ch’io son pronta a soffrir le mie ritorte.
 MATILDE
 Adelaide, al passato
 volgi uno sguardo, indi al presente. Osserva
250qual fosti e quale or sei,
 non ha molto regina; or vinta e serva.
 ADELAIDE
 Mostrano agli occhi miei l’istesso aspetto
 delle grandezze andate
 le miserie presenti.
 MATILDE
255Perché ancora non senti
 la tua fronte leggiera
 del diadema perduto e grave il piede
 di catena servil, sei tanto altera.
 ADELAIDE
 Fa’ pur ciò che t’aggrada. In te non fia
260nuova la tirannia
 né pellegrina in me la sofferenza.
 MATILDE
 Volea la mia clemenza
 stringerti al seno anzi che in ceppi.
 ADELAIDE
                                                                  Ed io
 mi reco a maggior pena
265questa clemenza tua che la catena.
 MATILDE
 Troppo fiero è il tuo orgoglio.
 Sdegni ascender un soglio,
 ove t’innalza la clemenza mia.
 Vedrò se forte sia
270e ostinato il tuo core,
 quando sarà dura servil catena
 de la superbia tua gastigo e pena.
 ADELAIDE
 Quanto più sien tenaci
 le catene, onde avvinto
275dalla tua crudeltà sarà il mio piede,
 vie più care saranno all’alma mia.
 E quanto più d’orrore
 sparso d’intorno ed atro
 il carcere sarà, tanto più fia
280della costanza mia degno teatro.
 
    Guardami in volto e vedi
 quanto fortezza io serbo.
 Non sono qual mi credi,
 non sono vinta ancor.
 
285   Mi tolsero gli dei
 la libertade e il trono
 ma tutto io non perdei
 se libero ho il mio cor.
 
 SCENA X
 
 MATILDE
 
 MATILDE
 Donna non vidi mai superba tanto!
290Ancor nelle sventure
 serba il nativo orgoglio
 né s’avvilisce allor che perde un soglio.
 Più della città vinta
 difficile è l’impresa
295di quel rigido cor. Ma venga in prova
 colla fierezza mia. Non sarà sempre
 orgogliosa così. Spero vederla,
 se da quella ch’io soglio
 diversa oggi non sono,
300col pianto agli occhi addimandar perdono.
 
    Destrier feroce,
 che per la selva
 porta veloce
 l’orgoglio e l’ira,
305di maggior belva
 se il volto mira,
 talvolta trema,
 prende timor.
 
    Così l’altera,
310d’ardir ripiena,
 superba e fiera
 che par non senta
 quella catena
 che la tormenta,
315farò che gema
 col mio rigor.
 
 Fine dell’atto primo